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venerdì 26 Aprile 2024
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L’opinione – Elezioni regionali e nazionali: date, elettorato e crisi politica

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“L’accelerazione della crisi del Governo nazionale, che potrebbe prefigurare il ricorso al voto anticipato, sembra far passare in secondo piano l’appuntamento elettorale dell’Umbria che ora sappiamo fissato per il 27 ottobre. A tal proposito, visto che si poteva votare anche il 17 o il 24 novembre, non si comprende la necessità di fissare tempi così stretti. Tempi più lunghi avrebbero consentito alle coalizioni di sinistra o centro sinistra di organizzarsi adeguatamente per svolgere una campagna elettorale più efficace.
Una data così ravvicinata si può spiegare solo con la “necessità” (mero calcolo di bottega) di non acuire le evidenti fratture interne al Partito Democratico.
Comunque, stando così le cose, occorre prenderne atto e agire di conseguenza”.

“Da semplice osservatore, registro che in questo momento nell’area della cosiddetta sinistra, si stanno organizzando due “proposte politiche”: una pseudo civica, che vede il PD presente ma collocato in una posizione defilata e un’altra che riunisce varie liste civiche che nelle ultime elezioni amministrative hanno cercato di presentare all’elettorato una diversa e nuova proposta politica, sia in termini di programmi che di candidati. Ad oggi, non è dato sapere se questi due percorsi siano destinati ad incontrarsi in un progetto comune. Certo è che, a mio avviso, i soggetti di sinistra (liste civiche e partiti) devono superare la lacerante discussione su quanto siano vicini o distanti dal PD: Basta! Non se ne può più!! Occorre piuttosto costruire un Progetto e una proposta programmatica concreta in grado di “parlare” ai molti umbri che in questi anni hanno subito i colpi pesanti della crisi. Una crisi che, è bene ricordarlo, vede in larga parte responsabile la classe politica che ha guidato l’Umbria in questi ultimi anni. Gli indicatori economici sono implacabili nella loro chiarezza: in Umbria gli effetti della recessione sono stati più consistenti che in altre regioni del centro e del sud Italia. Sono anni che vari soggetti (intellettuali e personalità stimate della nostra regione, centri studi tra cui l’AUR e quello della Banca d’Italia oltre a riviste e testate regionali) segnalano il “lento declino dell’Umbria” eppure non si è avuta la capacità e la forza di intervenire”.

“Il Partito Democratico, se vuole tornare credibile e riconquistare il consenso degli elettori umbri, deve marcare una netta discontinuità con il passato, sia sul piano programmatico che delle persone chiamate ad interpretare tali programmi.
Mi sembra che ci si stia organizzando come se la competizione elettorale fosse già persa e come se si trattasse di ottenere il maggior numero di consiglieri di opposizione (sindrome già sperimentata nella recente tornata amministrativa al comune di Perugia). Invece, lo ribadisco, tutto dipende non solo dai programmi e dalle persone proposte ma anche dall’impegno che tutti dovremo essere in grado di sviluppare, almeno per coloro che vogliono ancora contrastare l’affermazione di una destra retriva e conservatrice in Umbria.
Ma c’è un’altra “questione” che può condizionare le proposte politico/programmatiche delle coalizioni, un “peso opprimente” che nessuno sembra voler affrontare. Questo “peso” si chiama Autonomia Differenziata!
Su questo processo già avviato da alcune regioni nessuna forza politica ha espresso fino ad oggi un punto di vista chiaro ed inequivocabile. Eppure l’esito con il quale si concluderà questo percorso avrà degli effetti diretti e condizionanti su qualsiasi programma che verrà proposto, non tanto e non solo sulla quantità delle risorse disponibili, quanto nell’organizzazione e funzione dello Stato.
Elezioni nazionali che vedessero la vittoria della Lega imprimerebbero una accelerazione al progetto, con conseguenze negative sull’unità della nazione”.

“Molti elettori oramai votano indipendentemente dai programmi ma una parola in tal senso, specie dai partiti/coalizioni che ancora si riconoscono nei valori della sinistra sarebbe auspicabile.
Infatti, sebbene a cinquant’anni dalla nascita del regionalismo fosse opportuno affrontare una discussione complessiva su ruolo e funzione delle regioni, tutt’altra cosa è procedere in ordine sparso, contrattando autonomamente risorse e competenze senza la visione complessiva di come si tiene insieme uno stato moderno.
Nel dibattito in corso esistono inoltre notevoli ambiguità sia da parte delle regioni che hanno aderito al processo, che da parte del governo (almeno finché è rimasto in carica). Fino ad ora si è assistito ad una discussione assurda, portata avanti senza alcun confronto democratico che di fatto ha esautorato il Parlamento.
Le regioni economicamente più forti (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) hanno contrattato in segrete stanze maggiore autonomia su un pacchetto corposo di materie, tra cui alcune “molto delicate” quali la scuola e la sanità, che andrebbero ad intaccare nel profondo la tenuta sociale del Paese. Mi sembra che non ci sia la piena consapevolezza che si sta dando pratica attuazione al progetto separatista propugnato dalla Lega Nord di Umberto Bossi!
Se questo “progetto” viene poi sommato alla decisione puramente propagandistica di riduzione dei rappresentati parlamentari, si ha la dimensione del disegno complessivo: la destrutturazione dello Stato ed il restringimento degli spazi di democrazia. Per la sua pericolosità, sarebbe auspicabile una mobilitazione pari a quella generata in occasione del referendum che rigettò la pseudo riforma costituzionale promossa da Matteo Renzi. Gli interessi in gioco, il peso politico ed economico delle regioni capofila in questo percorso, condizionano invece tutta l’informazione (stampa e media), nel trattare questa materia in maniera adeguata, preferendo dedicarsi alle “performance balneari” di Matteo Salvini”.

“Non va neanche sottaciuto che fu il governo Gentiloni, alla fine del suo mandato e con le camere sciolte, a sottoscrivere il preaccordo con le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, questo forse spiega l’imbarazzo da parte del PD nell’affrontare la questione.
Anche l’Umbria nel giugno 2018, ha votato all’unanimità una risoluzione che impegnava la Giunta Regionale ad attivarsi nei confronti del governo per ottenere maggiore autonomia su alcune materie quali: beni culturali e paesaggio, ambiente, governo del territorio, turismo, diritto allo studio, formazione ed istruzione, università, sviluppo economico, sanità e welfare.
Penso che una coalizione di sinistra che si propone di governare la nostra regione, come precondizione per avviare qualsiasi tipo di confronto programmatico anche con altri soggetti, deve manifestare con chiarezza la propria avversità al processo di Autonomia Differenziata. Credo che debba diventare l’elemento qualificante del programma (il primo punto!) altrimenti al declino economico dovremmo sommare anche quello politico, sociale e la disgregazione dell’Umbria come regione”.

Mario Taborchi
ex consigliere comunale – esponente della sinistra corcianese

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