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venerdì 29 Marzo 2024
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I nostri soldi: in Umbria consumi fuori casa ancora in crisi ma crescono quelli alimentari

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L’Umbria è maglia nera in Italia per contrazione della spesa mensile delle famiglie nel periodo 2007-2016: -26,5%, a fronte di un dato italiano di -9,9%, pari in valore assoluto a – 809,78 euro di spesa a nucleo familiare. Nessuna regione ha fatto peggio, come risulta dal Rapporto 2017 sulla ristorazione realizzato da Fipe, la Federazione dei Pubblici Esercizi di Confcommercio.
In questo contesto il calo dei consumi alimentari è stato in Umbria meno rilevante che altrove: – 8,7%, contro il -10,5% a livello italiano. Nel totale dei consumi alimentari complessivi cresce la rilevanza dei consumi fuori casa, ormai attestati sul 36%. I consumi fuori casa quindi trainano la ripresa, nonostante anch’essi abbiano risentito fortemente della crisi, come testimonia l’elevato numero di aziende che chiudono e un tasso di produttività che resta sotto i livelli pre-crisi.
Nel 2016 in Umbria si contavano 4.694 imprese di servizi di ristorazione – di cui 2.073 bar, 2.566 ristoranti, 55 mense-catering – con un saldo negativo di 179 imprese rispetto al 2015.

Nel periodo gennaio/settembre 2017 le nuove imprese sono state 118, quelle cessate 337, con un saldo negativo di – 219.
“Un dato significativo, che impone un’attenta riflessione”, sottolinea Romano Cardinali, noto ristoratore perugino appena eletto alla presidenza di Fipe-Umbria, l’associazione dei pubblici esercizi aderente a Confcommercio che, in seguito alla regionalizzazione, ha rinnovato tutto il consiglio, composto da: Tommaso Barbanera (Spoleto), Federico Bianchini (Terni), Federico Boriosi (Città di Castello), Stefania Ferretti (Cascia), Alfio La Signora (Perugia), Romina Laurenti (Narni), Orfeo Marietti (Perugia), Gabriele Masconni (Passignano), Marco Montecucco (Bastia), Pericle Tilli (Orvieto), Mirco Zitti (Terni, vice presidente).

“Gli umbri, come gli italiani, hanno una forte propensione ai pasti fuori casa – continua Cardinali – ma troppo spesso oggi chi apre un’attività in questo settore lo fa senza la necessaria preparazione e senza una adeguata conoscenza del mercato. L’eccesso di offerta, spesso improvvisata, porta ad un alto tasso di mortalità. Un approccio approssimativo al business comporta inoltre il rischio di dequalificazione di un settore che, pur con non poche difficoltà, è oggi il più rilevante all’interno della filiera agroalimentare, fa crescere l’occupazione e svolge un importante ruolo sociale, perché bar e ristorati sono luoghi di incontro, di ascolto, di relazione. Non a caso Fipe Umbria ha messo come priorità del suo programma di lavoro la formazione e l’assistenza tecnica alle imprese già esistenti e il supporto nella fase di start up a chi vuole aprire”.

Il vice presidente Mirko Zitti evidenzia un ulteriore priorità di Fipe Umbria: “Qualità ed innovazione oggi sono i valori a cui si deve ispirare ogni impresa del nostro settore. Fipe offre percorsi formativi specifici per imparare a sfruttare al meglio le potenzialità del web e della tecnologia. Ma ispirata a garantire qualità è anche la lotta contro le forme di abusivismo esistenti attraverso la sollecitazione di una maggiore attività di controllo da parte degli enti pubblici preposti; la revisione in senso più restrittivo della legge regionale sulle sagre, per evitare che tali eventi siano snaturati; la definizione di una disciplina regionale delle attività di somministrazione di alimenti e bevande; la salvaguardia e valorizzazione dei prodotti enogastronomici di qualità della nostra regione”.

Nessun problema invece per i pubblici esercizi sul versante inflazione: a livello generale i prezzi di bar e ristoranti sono aumentati in Umbria appena dello 0,4% nel 2017 rispetto al 2016, mentre il dato italiano fa registrare un incremento dell’1,1%. A Perugia il prezzo medio in pizzeria è di 12,50 euro, a Terni 12 euro. Panino al bar super economico nella città dell’acciaio – 1,60 euro in media, il costo più basso in Italia – mentre è di 3,50 euro nel capoluogo di Regione. Il caffè in entrambi i capoluoghi costa mediamente 1 euro, il cappuccino 1,20 euro a Perugia, 1,30 euro a Terni. Anche il contenimento dei prezzi – oltre al piacere del pasto in compagnia – spiega perché circa il 68% degli umbri – con diversa frequenza – consuma la colazione fuori casa.

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